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Vej Turin / La storia di Mario Bo
"Lunedì 31 Luglio 1939 a Torino non fu un giorno come gli altri. Era l'ultima estate di pace in Europa e il caldo stringeva in una morsa la città. Ma non era questo (o meglio, non era solo questo) ad angustiare i tifosi torinesi. Nei giorni precedenti si erano rincorse voci, sempre più consistenti, di un interessamento (prima) e di un'offerta (poi) arrivata alla sede granata di Via Alfieri. Il giocatore richiesto era nientemeno che il capitano Mario Bo ("capitanino" come veniva simpaticamente soprannominato per via di quel metro e sessantasei di altezza) e la società a richiederlo la Juventus. Nientemeno che la Juventus. Il neopresidente granata, Ferruccio Novo, ci pensò su. L'offerta era allettante e il presidente non aveva alcuna pregiudiziale a trattare con la Juve (come poi dimostreranno altri suoi grandi colpi di mercato); convocò un consiglio tra dirigenti la notte di giovedì 27. Così, lunedì mattina, la Stampa diede la notizia: «L'altalena delle trattative e delle indecisioni è finita: Mario Bo, capitano del Torino, è passato tra le fila della Juventus spezzando una tradizione di lunghi anni».
"Quel che successe, a quell'annuncio, è abbastanza facile da immaginare. I tifosi considerarono Bo un traditore, mentre i giornalisti constatarono il tramonto del bel calcio delle bandiere e il trionfo del denaro; i presidenti, con lettera aperta di Pozzani dell'Ambrisiana, chiesero alla Federazione una norma che impedisse alla volontà del calciatore di far saltare affari già fissati dai dirigenti (insomma scene viste e straviste).L'unico a cui nessuno chiese nulla fu Bo, che da bravo professionista migrò sull'altra sponda del Po portandosi il granata nel cuore. Perché un capitano non si cancella da un giorno all'altro e Mario Bo, finita la sua onesta carriera, ritornerà sulla "sua" sponda del fiume, continuando ad animare l'associazione ex calciatori granata e a professare la sua fede calcistica fino alla morte, novantunenne, avvenuta proprio il giorno del suo compleanno, il 4 dicembre 2003.
"Già, perché Mario Bo era granata nell'anima. Si era perfezionato calcisticamente alla scuola dei Balon Boys e aveva esordito in prima squadra nel 1931 segnando due gol al Bari: il primo, in mischia, al termine del primo tempo e il secondo, dieci minuti dopo il rientro in campo, riprendendo un cross di Silano. Quel giorno il ragazzo piacque a tutti per «il buon controllo sulla palla e per la combattività sfoggiata». Bo concluse il campionato con 6 presenze e 3 gol: un bel bottino per un giovane, in una squadra dove giocavano ancora molti protagonisti dello scudetto. L'anno successivo, 1932-33, fu quello della consacrazione: 23 presenze e 4 gol. Bo giocava e dava tutto se stesso in campo; furono stagioni travagliate, si rischiò la B, ma servirono per farsi le ossa, per diventare capitano di quel gruppo di enfants terribles provenienti dalle giovanili chiamati ora a comporre il corpo e il cuore della prima squadra. Ala veloce, buon tiro forte e preciso e tanta grinta da vendere: in poche parole ecco il biglietto da visita del capitanino.
"Come tutto quel gruppo Mario Bo avrebbe meritato più fortuna anche in azzurro, dove collezionò solo una convocazione in Nazionale B. Vittorio Pozzo era un vecchio granata, ma era anche celebre per le sue fisse sui convocati; racconta Bo di quando incontrò al Filadelfia il CT: «un paio di mesi prima avevo giocato con la rappresentativa B in Svizzera. Pozzo mi guarda, si mette una mano in tasca e dice in dialetto piemontese "tieni la medaglia"lanciandomi l'allora simbolico gettone di presenza».
"L'anno di grazia, per Bo e per gli enfants, è il 1935-36. Terzo posto in campionato a due punti dal Bologna campione e vittoria della coppa Italia. «Di "professori" non ce n'erano in maglia granata» scrissero i giornali il giorno della vittoria «c'erano solo dei ragazzi svegli, freschi, entusiasti e decisi. Di fronte a loro i "professori" ci fecero una magra figura». Proprio in quella stagione, magica, un gol di Bo valse il momentaneo primato in campionato: martedì 28 gennaio 1936 recupero per impraticabilità di campo il Toro batté la Roma 1-0. Gol partita del capitanino, che al sesto minuto insaccò con una girata potente e precisa, capitalizzando al massimo un rapido contropiede. Pallone sotto la traversa e Bo sotto un mucchio di compagni festanti. Stessa incontenibile gioia anche in tribuna, dove Combi (ormai ex calciatore) confessò a Cavallero di aver appena visto uno dei gol più belli mai segnati.
"Appese le scarpe al chiodo, Mario Bo è divenuto uno dei catalizzatori della memoria e dell'identità granata. Tante le iniziative di beneficenza intraprese dalle vecchie glorie del Torino: dalla lotta contro il cancro agli aiuti a ex calciatori caduti in miseria (è il caso di Vecchina che, come lo stesso Bo, giocò su entrambe le sponde del Po). Quando venne presentato, nel 1995, il progetto di abbattimento e ricostruzione del Fila prevista per il 1999 il capitanino commentò, tra l'ironico e l'amaro: «Speriamo di arrivarci, al '99».
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