toro

Toro, un’estate ”cartesiana”: che con l’autunno cambi il vento…

Cristina Raviola
Verso Torino - Udinese / Contro i friulani, serve una vittoria per iniziare davvero uno nuovo ed importante cammino

Non s'indignino filosofi ed estimatori di Descartes per l'associazione "blasfema" che mi sono permesso, assumendomi, tra l'altro, sia il rischio di fare arrabbiare i più ortodossi sia quello di allontanare i lettori non propriamente 'amici' della filosofia. Voglio prendermi questo rischio, perché vi assicuro che Cartesio è stato (quasi) più influente di Cairo nel mercato del Toro e, di conseguenza, nell'umore di molti tra noi tifosi. Ma veniamo al dunque, cosa lega la mondanità e l'opulenza del nostro mondo calcistico con il limpido, chiaro, netto pensiero cartesiano?

Per capirlo, dobbiamo parlare prima di tutto di cosa è successo quest'estate, di cosa è successo al Toro quest'estate, e appena prima che l'estate iniziasse. La squadra allenata da Giampiero Ventura finisce una stagione incredibile al settimo posto, fuori dall'Europa League. Niente Cartesio per ora, ma solo sfiga: Cerci sbaglia il rigore contro la Fiorentina che separava il suo Toro dall'Europa, nulla di nuovo per il popolo granata. Ma attenzione, accade qualcosa di incredibile, di controcorrente rispetto al "ritornello" di sfortune che caratterizza la storia del Toro: una clamorosa botta di fortuna si abbatte sul mondo granata, i tifosi quasi non ci credono, non credono che il Parma non abbia pagato 300 000 euro di IRPEF e quindi non abbia il diritto di partecipare alle competizioni europee; ma soprattutto, non ci credono che a beneficiare dei regali del fato siano proprio loro, per una volta, i tifosi del Toro.

Tutto sorride ai granata e ai suoi tifosi. Tutto sorride, finché il primo schiaffo di Cartesio li colpisce in piena faccia. Il caro filosofo d'oltralpe non agì di nascosto, vi furono avvisaglie di un suo possibile arrivo. Ma il 2 giugno, fu ufficiale, e il gelo attraversò il sangue dei torinisti: Immobile era andato al Borussia Dortmund, il capocannoniere, il numero 9 della Maratona, aveva scelto di andarsene. Ma perchè l'aveva fatto? La risposta è anacronistica, e ce l'ha data Renè Descartes una manciata di secoli fa, quando ha fatto osservare al mondo intero come tutto si muova perchè si deve muovere: in natura, ad una causa inserita in un caratteristico contesto corrisponde sempre uno e solo uno effetto; in parole povere: accade sempre ciò che deve accadere, cioè ciò che le leggi della meccanica universale (e calcistica) vogliono che accada. Bene: Ciro Immobile è andato via perchè doveva andarsene, perchè era necessario (in senso filosofico) che se ne andasse: le leggi del calciomercato sono chiare a tutti e ancora più chiare a tutti sono le motivazioni per le quali i calciatori non hanno più interesse a giocare in un campionato privo di stimoli, mal seguito e (spesso) mal giocato. Dunque cosa è "necessario" fare per un giocatore che vuole giocare la Champions, che vuole giocarla con dei campioni, che non vuole giocarla in Italia, che vuole soldi e fama che qua non può ottenere? "Un solo effetto", ricordate? Ciro Immobile può solamente andare via.

Cartesio aveva fatto la prima vittima, un'altra era già nel mirino, ma ci vorranno due mesi di "tira e molla" perchè il meccanicismo cartesiano facesse nuovamente capolino all'ombra della Mole e agisse in maniera risoluta: è il penultimo giorno di mercato e Alessio Cerci fa quello che le leggi del calciomercato e del mondo del pallone in generale richiedono che lui faccia. Il numero 11 va via dal Torino, in cerca di gloria all'Atletico Madrid, lasciando, insieme a Ciro, un buco immenso nei cuori dei tifosi del Toro, che troppo irrazionali per credere nel determinismo cartesiano, speravano ancora in qualche miracolo, qualche ripensamento, qualcosa di impossibile, di giustamente e cinicamente "non necessario".

Ma il disegno del famelico filosofo francese si era ormai compiuto, tutto era andato esattamente come doveva andare, come le crudeli leggi del calciomercato avevano necessariamente imposto alle due stelle della Maratona.

Un'altra volta era accaduto ciò che doveva accadere. Un'altra volta l'estate del Torino (e di Torino) era stata un'estate triste, piovosa e cartesiana. Ora è arrivato l'autunno, e con lui il vento che spazza via la polvere e le foglie. Con esso, che arrivi una nuova brezza, fresca, forte, vincente; qualcosa che sia capace di ricreare quel miracolo sportivo vissuto nella passata stagione.