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Un Cerci manca al Toro

Domenico Catagnano
Gargarismi / Ma anche il Toro manca a Cerci

Sulla Gazzetta dello Sport di oggi c'è un corposo articolo sull'Atletico Madrid. Si parla di Simeone arrabbiato, delle difficoltà della squadra, dei pesanti allenamenti e non c'è una riga, dicasi una riga, su Alessio Cerci. Missing, o desaparecido, per dirlo alla spagnola.

Troppo facile sarebbe dire "ben gli sta", considerato come si è consumato l'addio con il Toro, con tanto di tweet mandato "a sua insaputa", con quel desiderio di voler giocare in grandi squadre e non piccole (sic!), con le infelici sparate della fidanzata. Ma la memoria va più indietro ed è impossibile dimenticare le giocate da fenomeno, gli assist, i gol. Cerci è stato il primo vero fuoriclasse dell'era Cairo, e in granata è maturato principalmente grazie a Ventura, finora unico allenatore capace di gestirlo sia dentro che fuori dal campo.

Scusate la banalità della frase, ma Cerci ci ha fatto sognare. Ha chiuso la sua carriera al Toro nella maniera più granata possibile, ce lo ricordiamo tutti, sbagliando all'ultimo minuto quel rigore a Firenze. Le lacrime dopo l'errore, l'abbraccio dei tifosi, lo hanno elevato a simbolo. I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli, si disse allora, cercando di addolcire l'amarezza.

Ma prima di quello sbaglio dal dischetto c'erano stati tanti momenti esaltanti, culminati nel gol della vittoria al Genoa, in quell'entusiasmante uno-due con Immobile che in pochi minuti, allo scadere, ci regalò in rimonta la vittoria forse più bella della passata stagione.

Quando ha lasciato il Toro, Cerci aveva anche la nazionale. Al momento ha perso anche quella. La sua esperienza spagnola per ora si fa ricordare solo per il rosso rimediato in soli 25 minuti in campo in una dei pochi scampoli di partita giocati con l'Atletico, quella squadra del "calcio che conta" (come scrisse la sua dolce metà) che doveva consacrarlo come stella internazionale.

Peccato, peccato davvero, perché un Cerci è proprio quello che manca al Toro di oggi. Se Quagliarella per ora non sta facendo rimpiangere Immobile, il ruolo del fantasista di Valmontone è ancora scoperto. Pensiamo a un mondo parallelo con Alessio ancora in granata: sicuramente l'affetto dei tifosi, per la sua scelta di rimanere, si sarebbe triplicato. Triplicato nei suoi confronti e anche in quelli della fidanzata, che sempre nel mondo parallelo si sarebbe impuntata per rimanere a Torino. E magari la squadra avrebbe qualche punto in più in classifica. Utopie a parte, la triste fuga di Cerci verso il "calcio che conta" (citiamo ancora) è come il b-side della storia di un campione vero, che incroceremo da avversari domenica prossima. Un campione semplice, concreto, che non ha mai amato abbronzarsi con la luce dei riflettori. E' Totò Di Natale, che quattro anni fa disse no all'altra squadra di Torino per rimanere all'Udinese. "Sono diventato una bandiera, la mia testa e i miei figli stanno bene a Udine. Se avessi voluto i soldi, me ne sarei andato via prima", rispose a chi gli chiedeva di spiegare il suo rifiuto. Se Cerci avesse fatto come lui, la Torino granata avrebbe avuto un altro re.