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Il cuore e l’anima del centrocampo granata è lui: Andrea Ardito, 30 anni appena compiuti e un futuro in…scadenza. Un fatto che preoccuperebbe chiunque, non questo toscano dai modi pacati e dalla...
"Il cuore e l’anima del centrocampo granata è lui: Andrea Ardito, 30 anni appena compiuti e un futuro in…scadenza. Un fatto che preoccuperebbe chiunque, non questo toscano dai modi pacati e dalla grinta dirompente che alle luci della ribalta preferisce le cose semplici del vivere quotidiano come fare la spesa al supermercato e che difficilmente perde le staffe. Quando succede però meglio stargli alla larga (per informazioni chiedere ad Abbruscato).
"In campo dà tutto, sempre e comunque. L’anno scorso è stato premiato come il centrocampista più regolare e continuo per media voto, un risultato che, probabilmente, centrerà anche in questa stagione. Ieri ha fatto alzare in piedi ad applaudirlo tutto lo stadio, non per un gol ma per una serie di interventi ad altissima intensità, sempre corretti, mai scomposti o cattivi. La rete sarebbe il giusto premio per questo mediano dal cuore d’oro che cerca faticosamente di finire gli studi in giurisprudenza (gli mancano un pugno di esami che però non lo appassionano), eppure il suo sogno è un altro: rinnovare, possibilmente a vita, il contratto con la società granata.
"Dopo un lungo peregrinare in provincia (fra Pontedera, Como e Siena) in estate aveva ricevuto offerte più sostanziose da altre squadre di A, Livorno in testa, disposte a pagargli un ricco contratto che superava (e di molto) lo stipendio preso all’ombra della Mole. La società, tentennante, e lui duro ha rifiutato, convincendo sul campo Cairo a ripetere il suo veto nel mercato di gennaio, sempre al Livorno dove finì Fiore. “Quando sono arrivato qui, all’epoca dei lodisti io e il Toro eravamo uguali – racconta- : reduci da una brutta esperienza entrambi (il fallimento e un grave infortunio), con un futuro da decifrare e tanta, tanta voglia di farcela. L’anno scorso sono rimasto qui perché volevo dimostrare a me stesso di essere un giocatore degno della massima serie (fino ad allora aveva messo insieme 10 presenze e un gol), questo è l’obiettivo che mi sono dato quest’anno”.
"In una città che ama, ha masticato anche amaro l’idolo della Maratona, quando Zaccheroni lo tenne, a lungo, in panchina. Poi quando anche il teorico di Cesenatico fu costretto, da squalifiche e infortuni, a mandarlo in campo non lo tolse più. Semplicità di tocco, consapevolezza dei propri limiti, capacità di leggere lo sviluppo dell’azione, linearità nell’impostare la manovra quando lo richiede, umiltà da vendere e tanta, tanta dedizione ai colori sono i pezzi forti del suo repertorio con cui ha conquistato una curva da sempre attratta più dagli onesti lavoratori dietro le quinte che dalle ballerine, che pure però non disprezza, anzi.
"Un dato è certo: dei giocatori in scadenza di contratto (Brevi, Gallo, Muzzi) è forse l’unico sicuro di un rinnovo di cui si è già cominciato a discutere. I tifosi e soprattutto Cairo sanno che il nuovo Toro ha bisogno di undici giocatori così.
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