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toro
di Fabiola Luciani
Potranno inventarsi la diretta televisiva in mille modi diversi, coll'alta definizione, col fermo immagine, col dolby surround, oppure con l'audio personalizzato che ti permette di fare la telecronaca...
di Fabiola Luciani
Potranno inventarsi la diretta televisiva in mille modi diversi, coll'alta definizione, col fermo immagine, col dolby surround, oppure con l'audio personalizzato che ti permette di fare la telecronaca con la voce tua. Potranno inviartela sul telefonino, sul PC o sul navigatore in macchina mentre te ne torni dal mare o dal matrimonio di tua cugina. Potranno rigirarsela come gli pare e tenderci mille trappole, incutendoci mille paure per tenerci lontani dagli Stadi. Ma tifosi si diventa, si cresce, si matura e s'invecchia solo allo Stadio.E ieri al tempio dell'Olimpico una nuova generazione di piccoli granata ha visto la luce, ha gioito, ha sofferto, si è commossa e ha commosso il cuore di tutti noi. Erano centinaia, erano ovunque. Ho portato per la prima volta anche mio nipotino allo stadio, perché fino a quel momento, sapevo di non aver fatto molto per inculcargli la mia fede, che non avevo fatto molto per fargli il lavaggio del cervello, ma che invece sapevo perfettamente quanto poteva esser stato bombardato dagli amici a scuola, ogni sacrosanto giorno dal nome di Totti o dalla Del Pierite dilagante. Io che non ho mai potuto parlargli di ideali e di valori, di quanto possa essere bello nella vita sentirsi una minoranza ed essere soli contro tutti, di quanto personaggi storici come il Generale Custer o meglio ancora come William Wallace possano essere stati eroici per le loro gesta e possano essere diventati nel tempo, immortali ( cosa assai difficile da spiegare ad un bambino che vive di eroi mediatici sempre vincenti ed immortali, mentre i tuoi eroi perdenti sono stati tragicamente abbandonati in battaglia o morti per un vile tradimento ) perché in fondo, ha solamente cinque anni. Io che ogni volta che l'ho portato ai giardinetti a giocare a calcio con gli amici, l'ho sentito nominare sempre i soliti Kakà, Ibrahimovic, Del Piero e Toni, mi sono finalmente decisa di aprire quel mio vecchio cassetto in cui avevo conservato delle piccole maglie di anni eroici regalate da papà e dal nonno, pensando ad un figlio che ancora non c'è, ma che un domani potrebbe esserci e ho tirato fuori la mia collezione di magliette granata, i miei ricordi di bambina. Tra il mucchio scelgo una maglietta, è la misura più piccola, la prima regalata dal nonno, probabilmente è anche la mia preferita, quella di Policano, che mi ha fatto ricordare ancora i pianti che feci per averla, ma in quel momento non aveva importanza. Gliel'ho fatta indossare e, vestendolo con quei colori, ho sentito una fiamma divina dentro che mi ha riacceso il cuore, che mi ha fatto fremere nuovamente e per mano l'ho accompagnato per la sua prima partita al tempio granata.Sarà che era la partita della vita giocata in casa, da vincere ad ogni costo.Saranno stati la bella giornata oppure l'avversario abbordabile o meglio dire alla nostra portata. Sarà stata la scarsa affluenza dei tifosi ospiti, bloccati da un imposizione dell'Osservatorio. Sarà stata l'applicazione della regola sacrosanta di mettere prezzi popolari, soprattutto per i ragazzi ed i bambini in una città in chiara crisi economica. Sarà stato merito della giornata per noi sacra della commemorazione, oppure questo aleggiare sul campo e sulla squadra di un senso di bellezza e di allegria portato dallo spirito degli Invincibili, ed invocato dai tifosi. Sarà stato merito del Mister che è sicuramente uno di noi, come lo era anche Novellino. Fratelli cari, trovatevelo voi il motivo.Ieri i bambini all'Olimpico hanno riportato indietro le lancette dell'orologio, onorando, forse ancor più della vittoriosa partita con un Napoli mai domo, la commemorazione dei defunti di Superga. Ci hanno fatto rivivere la nostra prima volta da granata e abbiamo toccato con mano cosa vuol dire passare il testimone, alle nuove generazioni di granata, con quelli appena un po' più grandicelli e più smagati a far da ciceroni a quelli che, a bocca aperta, contemplavano per la prima volta lo Stadio colmo di bandiere, striscioni e coriandoli granata.E la squadra, non si sa per quale motivo astrale, ha percepito che ieri non era una giornata qualunque e ha sciorinato tutto il campionario dell'essere il Toro nella gioia e nella trepidazione.Tre punti per crederci ancora. Tre punti per non finirla prima del tempo, per mantenere alto il morale e la coscienza dei propri mezzi. Insomma, è stata un Toro non brillante, non tirato a lucido, però è stato capace di soffrire, di tenere botta ad un ritorno veemente dei napoletani. Ha stretto i denti, a volte con confusione a volte con rabbia. I giocatori non ci stavano a non vincere. Non ieri, almeno. E' stata una giocata magnifica di un immenso Stellone, a lanciare a rete il solito DDM, poi atterrato in area di rigore a strozzare in gola l'esultanza di un goal che sembrava non arrivare mai. E non poteva essere che il Capitano a mettere a segno il goal della liberazione, con un perfetto rigore dei suoi a stordire i partenopei. E poi la sonnolenza del secondo tempo, coi nostri che sembravano così fermi e noi a soffrire come dannati coi nostri piccoli, temendo che ci rovinassero la festa, che gli rovinassero la gioia del loro battesimo granata. E come in tutte le partite del Toro ecco che arriva l'inesorabile patatrac che avrebbe potuto mettere ko quell'instabile morale che ultimamente viaggia sul filo del rasoio nella testa dei giocatori granata.Ma a mettere le cose a posto c'ha pensato Roberto Stellone, il giullare tenuto incredibilmente in "castigo" per tutto il girone di andata a riconciliarci coll'harakiri societario. Una trottola. La palla, prima nascosta, improvvisamente riappare, come fanno i maghi delle feste d'infanzia, e viene accarezzata perfettamente per il bravo e dirompente Di Michele che la stoppa, alza gli occhi e tira nell'angolino lontano con la palla che s'invola nel sacco. E siccome mamma Toro, quando ci si mette le cose le fa per bene, ecco che arrivano i soliti sbagli a porta vuota che ci tengono incollati al cronometro con il cuore in gola, fino al fischio finale dell'arbitro.E i bambini a guardarsi tra loro per dire sì, ha segnato il fin'ora asfittico attacco granata, nonché il nostro piccolo principe, il Capitano, il nostro ed il loro idolo presente e futuro. I bambini felici e frastornati, mentre uno Stadio intero che esplodeva nella sua gioia li abbracciava, li baciava, li issava e quasi li esponeva come a dire: ecco un nuovo tifoso granata. Non smetteva di cantare perché imprimessero nei loro piccoli occhi e nei loro ricordi questa giornata così speciale.E quando i bambini di oggi porteranno al tempio granata i loro figli potranno dire loro: "io porto fortuna, perché la prima volta che sono andato allo Stadio abbiamo vinto, ne sono sicuro, e al Napoli gli abbiamo fatto due goal. E' passato tanto tempo, era il 4/Maggio/2008, e ora tocca a te, dai canta forza Toro, alé, alé".E così a partita finita, mentre lo Stadio con calma si svuotava, li vedevi colmi di eccitazione parlottare tra loro, o i più piccoli stremati addormentarsi tra le braccia dei genitori in una Torino accaldata ed ipertesa di questo finale di campionato.Il Toro è eterno ed i tifosi granata sono partecipi del suo soffio d'eternità.Ieri, nei volti dei piccoli al loro battesimo granata, ne abbiamo avuto la prova inconfutabile.Una vittoria dedicata a questi giovani tifosi granata, ma soprattutto a Loro: gli Invincibili.Dunque, la partita della vita con il Napoli è stata cancellata, la marcia è stata di nuovo ingranata ora si tratta di continuare spingere pesantemente sull'acceleratore, sia a Livorno che con i viola.Forza Toro al di là del tempo e dello spazio.
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