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toro
di Alessandro Brunetti
C’è un numero che ricompare spesso nelle cronache granate di questi giorni. E’ il 4-2-4 di mister “libidine” Giampiero Ventura. Si è...
di Alessandro Brunetti
Ma come si traduce concretamente sul campo? Procediamo a ritroso nella carriera di Ventura, partendo dalla più fresca delle esperienze, quella sulla panchina del Bari. Nel primo anno sulla panchina pugliese, stagione 2009/2010, il tecnico ligure ha utilizzato il duo Almiron-Donati (o Gazzi) sulla mediana, con esterni iper-offensivi come Alvarez e Allegretti (o Rivas o Koman). Nella stagione appena conclusa, pacchetto centrale di centrocampo praticamente identico (anche se Almiron ha saltato diverse partite per infortunio) e esterni d’attacco come Alvarez ( o Pulzetti) e addirittura Ghezzal, retrocesso a sinistra dal solito ruolo di seconda punta.
Anche nel Messina (2005/2006), Ventura arriva in corsa per sostituire Bortolo Mutti (colui, che, ironia della sorte prenderà il suo posto a Bari). Anche qui schiera il solito 4-2-4, con Antonelli e Sculli sulle fasce e Donati e Sullo centrali.Nel 2005 accetta la sfida di allenare il Napoli, decaduto in serie C. Parte con il 3-5-2 per l’assenza di esterni di ruolo, con Abate da una parte e Mora (altra conoscenza granata) dall’altra. Dopo qualche giornata ritorna al 4-4-2 con Abate e Montervino (o Toledo) prima, e, dopo gennaio, Gautieri e Consonni. Viene esonerato dopo un pareggio interno con la Fermana, al suo posto subentra Edy Reja.
Questo breve (e parziale) excursus nella carriera di Ventura ci permette di individuare delle costanti nel suo lavoro. La presenza di un regista o di un calciatore dalle caratteristiche molto simili: Almiron, Genevier, Guarente, Donati, Gatti. Attaccanti adattati nel ruolo di esterni di centrocampo: Alvarez (nasce punta), Ghezzal, Sculli, Iunco e Cutolo. Ma anche, uno stuolo di fedelissimi scudieri come Donati, Antonelli, Pulzetti, Kutuzov, Greco e Kutuzov. C'è da scomettersi che qualcuno seguirà il mister anche a Torino.
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