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Buongiorno Vittorio Sgarbi. Strano parlare di calcio con lei, ma domenica l’abbiamo vista in tribuna al Grande Torino in compagnia del presidente Cairo. Ci spiega il legame?
Ho incontrato Cairo al Salone del Libro, mi ha invitato nel suo stand e mi ha detto che di lì a poco sarebbe andato allo stadio. La cosa di per sé non mi avrebbe attratto e lui non mi avrebbe visto particolarmente entusiasta se non mi avesse detto che il Torino affrontava la Spal. Io avevo un “buco” prima di partire per Milano e così ho colto l’occasione.
Lei è nato proprio a Ferrara, sentire nominare la Spal è stato un ritorno di fiamma?
Il mio rapporto con il calcio si è interrotto nel ’68 quando la Spal è andata in Serie B. Fino a quel momento nutrivo qualche interesse per il calcio, tenevo per la Spal per appartenenza e per la Juventus, perché mi sembrava la squadra più forte. Ho smesso di seguire nel ’68, un po’ per la retrocessione, un po’ perché in quel periodo ogni interesse sportivo è passato in secondo piano.
Come ha ritrovato il calcio, cinquant’anni più tardi?
C’è molta pubblicità oggi e, come già avevo fatto notare una volta a Berlusconi, il campo è troppo lontano dagli spalti, si vede meglio in televisione, è frustrante. Forse un tempo il calcio era più poetico, ma il buon calciatore, la buona squadra la riconosci anche oggi. Vuol dire che rimane nelle persone una qualche attitudine psicologica ad affezionarsi nonostante tutto. Però adesso che c’è la televisione, tanto vale starsene a casa.
Com’è stata l’esperienza allo stadio in compagnia del presidente del Torino?
Ho visto che esistono questi lussuosissimi appartamenti che chiamano palchi, dove si fa di tutto tranne guardare la partita. Io ero con le mie figlie che vedevano una partita di calcio per la prima volta in vita loro, c’era Cairo, suo figlio, gli uomini del suo entourage. Siamo arrivati in un momento molto positivo per la Spal, che stava vincendo 1 a 0. Sono andato via sull’1 a 1 ed ero già fuori quando il Torino ha segnato il 2 a 1- Ero un po’ dispiaciuto, Cairo invece tutto esaltato.
Avete parlato di calcio?
Di calcio per nulla, ci siamo solo preoccupati che la Spal non vada in B. La prossima partita dovrà vincere, speriamo che si salvi.
Che idea si è fatto di Urbano Cairo sportivamente e professionalmente?
È uno molto sveglio che, come Agnelli, riproduce il tema del giornale. Ha comprato il Corriere e invece della Juventus ha dovuto prendere il Torino, ma è evidente che per i nuovi imprenditori quello dell’Avvocato sia un modello molto forte…
Ahia, un parallelo un po’ dolente per i tifosi granata.
Perché dolente?
Beh, sa, con la Juventus che vince tanto…
E va beh, un giorno vincerà anche il Toro!
Torniamo a Cairo. Nelle scorse settimane qualcuno ha proposto il suo nome come papabile Presidente del Consiglio. Lei ci crede?
Lo dicono da mesi che Cairo avrebbe una certa inclinazione per la politica, ma è tutto senza fondamento. Non l’ha mai pensato e nessuno ha mai pensato a lui. Quando ci sono le elezioni e si cercano buoni finanziatori forse si pensa a Cairo, ma tolto quel momento non c’è altro.
Forse qui il parallelo che qualcuno vuole cogliere è con il suo mentore, Silvio Berlusconi.
Non escludo che in futuro, in un panorama della politica così degradato, alcuni possano pensare di prendere una posizione di supplenza, come aveva in mente Della Valle. In realtà Cairo oggi mi pare del tutto estraneo per istinto, volontà e desiderio. Però se dovessero chiederglielo e ci fosse l’urgenza storica di avere una persona che nel lavoro abbia una pratica diversa sa quella di questi mentecatti che vediamo oggi, dai Cinquestelle in avanti, non lo escludo.
Siamo proprio al limite della fanta politica?
Il degrado è irreversibile, per cui per cercare di frenarlo bisogna rivolgersi a persone che almeno abbiano combinato qualcosa nella loro vita, quindi diciamo che Cairo sarebbe l’anti Di Maio, in questo senso. Non mi sento di escludere che ne nascerà la necessità, ma al momento non è ancora avvenuto e non mi pare Cairo abbia questo desiderio.
Che rapporto ha Vittorio Sgarbi con Torino?
Venni alla prima edizione del Salone del Libro e per me Torino è un appuntamento stabile da trent’anni. Vengo spesso a Torino, quando ero assessore a Milano ho inventato il festival “MiTo”, ho organizzato mostre e iniziative culturali. Ho buoni rapporti con tutte le autorità locali. Con Chiamparino, con Fassino, ho conosciuto persino la Appendino. Una delle mie figlie è nata a Biella per cui conosco queste zone. E poi ho avuto un sacco di fidanzate torinesi…
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