Chi è il tuo idolo?
Le voci
Vojvoda racconta: “Sono andato a Superga da solo e ho capito cos’è il Toro”
“Ronaldinho. Perché aveva sempre il sorriso e questa cosa mi è sempre piaciuta. Per stare nel mio ruolo, Dani Alves, un grande specialista”.
Quando si è presentato in campo con lo smoking cosa hai pensato?
“Che ha personalità, una cosa che hai o non hai, sia che hai soldi sia che non lo hai”.
Quanto gasa la Maratona?
“Tanto. Abbiamo bisogno di loro. Purtroppo non li abbiamo avuti sempre con noi per il Covid. Ma mi piacciono i tifosi caldi. Dopo 70 minuti di partita ne hai bisogno perché la fatica nelle gambe inizi a sentirla, e loro ti danno una forza in più”.
Come è stata la prima volta a Superga?
“La prima volta sono andato da solo perché l’anno scorso c’era il Covid e non siamo andati tutti insieme, ma io ci sono andato con un amico. Mi sono sentito onorato di vestire questa maglia, il Grande Torino ha fatto la storia”.
Come è andato il primo contatto col Torino?
“Mi piacciono le squadre che hanno una bella storia dietro. La squadra dove ero prima, lo Standard Liegi, era simile al Torino per questo. Quando il direttore Vagnati mi ha chiamato ho subito detto di sì perché mi hanno raccontato la storia del Toro e mi ha affascinato. Sono molto contento di essere qui, e voglio lasciare un segno”.
Cosa ti ha messo più in difficoltà nel cambiamento tra il calcio belga e quello italiano?
“Sono molto diversi. Qui c’è più tattica, si gioca più con la testa. Invece in Belgio appena si vede uno spazio si va dritti. C’è sempre uno schema preciso da seguire. In Belgio invece si segue più l’istinto”.
Ci racconti la tua storia? Chi è Mergim?
“Sono nato in Germania perché nel nostro paese, il Kosovo, c’era la guerra. Dopo siamo tornati in Kosovo perché mancavano i documenti. Siamo rimasti lì un anno e mezzo. Mio padre era soldato. Quando la guerra è finita siamo andati in Belgio, dove sono cresciuto. Ho fatto tanti sacrifici ed è questo che mi ha reso quello che sono oggi. So apprezzare il valore della mia situazione oggi”.
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